INTEGRAZIONE … LO STRUZZO CHE C’E’ IN NOI

La strategia dello struzzo si può esprimere come la scelta di prendere in considerazione solo gli aspetti positivi di una situazione. Secondo la credenza comune, lo struzzo, in caso di pericolo, nasconderebbe la testa sotto la sabbia, sicuro così di non subire il danno (non lo vede!).

struzzi

Uno struzzo! Ecco come definirei chi sostiene che ho proposto di aprire una Moschea a Limbiate.

Non solo non hanno voglia di informarsi, perché basta leggere le parole che ho detto in commissione territorio per capire cosa ho proposto, ma questi non sanno nemmeno dove vivono, perché a Limbiate esistono già ben due Moschee da una decina di anni e non se ne sono mai accorti. Ma d’altronde non è colpa loro, è merito dei mussulmani che le frequentano in santa pace senza dare fastidio a nessuno.

Gli stranieri a Limbiate:

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Gli stranieri residenti a Limbiate al 1° gennaio 2011 sono 3.558 e rappresentano il 10,1% della popolazione residente e le etnie sono così suddivise

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La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dalla Romania con il 17,1% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dall’Albania (11,5%) e dal Marocco (9,7%).

Grafico cittadinanza stranieri - Limbiate 2011

Per il dettaglio clicca QUI

In Commissione ho parlato

di urbanistica

Una persona ha chiesto di poter realizzare una Moschea in un capannone industriale e per regolamento non si può, allora l’Assessore Ferrante ha proposto di modificare, attraverso una variante, il regolamento per permettere di realizzare quanto il Sig. Ahmed chiedeva.

Quindi qui non si sta discutendo se dare o meno la possibilità di fare la terza Moschea, si sta discutendo se dare la possibilità di trasformare le aree dismesse e produttive in luoghi di Culto.

Trasformare le aree dismesse e

produttive in luoghi di Culto?

Il Comune di Limbiate e la sua comunità vogliono arrivare a permettere una cosa del genere?

Io sono disponibile a condividere una cosa come questa, solo se non ci sono alternative e per evitare situazioni simili a quelle di Viale Jenner. Non sono disponibile a una ghettizzazione programmata.

Da Wikipedia: Il termine ghetto deriva dall’omonimo quartiere di Venezia del XIV secolo. Prima che venisse designato come parte della città riservata agli ebrei, era una fonderia di ferro: il nome del quartiere deriva dal veneziano geto, pronunziato ghèto dai locali ebrei Aschenaziti di origine tedesca, inteso come getto, cioè la gettata (colata) di metallo fuso.

PROMUOVERE L’INTEGRAZIONE

CON IL PGT

I cittadini stranieri di religione mussulmana si stanno stabilendo preferibilmente al Villaggio dei Giovi. Lì hanno iniziato a costruire una loro rete di commercio al dettaglio e luoghi di culto. Di fatto viviamo nello stesso paese ma ognuno vive il suo pezzo di città.
La variante al PGT è un’importante occasione per riflettere sulla pianificazione degli spazi della nostra cittadina. L’urbanistica può e deve avere un ruolo nelle logiche e nei processi di integrazione dei cittadini limbiatesi stranieri. Se non avviamo una seria riflessione sulle politiche dell’integrazione corriamo il rischio di vedere la progressiva formazione di zone nelle quali vengono emarginate le persone appartenenti alle fasce più umili ed escluse della popolazione per i più diversi motivi, generando i così detti ghetti urbani. Processo avvenuto anche nel centro storico.
Questa riflessione deve essere alla base regolamento dell’Housing Sociale, che sarà prossimamente approvato in Consiglio Comunale.
Dobbiamo fare in modo che questo tipo di intervento sociale a garanzia del diritto alla casa, non deve risultare concentrato in un luogo della città ne tanto meno in singoli interventi edilizi.

L’Housing Sociale deve essere

il più diffuso possibile.

Bisognerebbe valutare la possibilità di non concentrare negli stessi stabili famiglie di immigrati della stessa etnia in modo da promuovere una vera e propria integrazione, come fanno nel nord Europa.

Insomma occorre promuovere l’utilizzo degli strumenti urbanistici per contrastare la formazione di zone caratterizzate etnicamente e magari degradate.

Dobbiamo inoltre, creare le migliori condizioni di vita possibile per tutti i cittadini. Arrivando a programmare e realizzare nel centro della nostra città spazi interculturali e multiculturali, luoghi dignitosi di incontro di dialogo e confronto, di crescita comune, che permettano anche a ognuno di pregare il proprio Dio. Non possiamo permettere che ciò avvenga in scantinati o capannoni.

Per fare comunità  e promuovere l’integrazione non sono sufficienti sporadiche iniziative (anche se importantissime) come la Festa dei Popoli, serve creare delle occasioni quotidiane di condivisione e tolleranza.

Andare incontro agli altri: secondo Papa Francesco è questa la missione che ogni cristiano dovrebbe portare avanti. Durante l’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, il Papa ha affermato l’importanza del dialogo con non credenti e i fedeli delle altre religioni: “Dobbiamo incontrare tutti – ha spiegato Bergoglio – perché tutti abbiamo in comune d’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza“.

Io non sono una struzzo e non voglio esserlo, cerco di studiare e capire, oltre ad ascoltare chi non la pensa come me. Questa è innanzitutto una battaglia personale (che vale per ognuno di noi) e vuole essere un incitamento alla mobilitazione di tutti coloro che vogliono iscriversi al campo della Solidarietà e la Fratellanza.

Nel corso dell’Angelus dell’11 agosto 2013, il Pontefice rivolge un saluto all’intera comunità musulmana, definendoli come “nostri fratellie invitando cristiani e musulmani affinché s’impegnino ad avere un maggior rispetto reciproco rafforzando il dialogo interreligioso, specialmente attraverso l’educazione delle nuove generazioni nel rapporto fra le due religioni.

Ritengo che nessuno meglio di Don Angelo a Limbiate possa essere il fautore dell’incontro tra le diverse religioni che compongo la nostra città, scuotendo la nostra anima e i nostri sentimenti, assopendo le nostre paure. Per conto nostro, noi cerchiamo di attivare i migliori strumenti urbanistici volti all’integrazione e alla migliore convivenza.

In secoli di travaglio abbiamo creato un modello basato sulla tolleranza che caratterizza la cultura occidentale. Da tale modello discendono criteri su cui basare tutte le nostre azioni. Non ha senso dire di assumerlo e sbandierarlo se poi si adottano criteri che discendono  da altri modelli.

Deviare da questa logica vuol dire rafforzare le posizioni di chi sostiene che la nostra cultura è da abbattere. La nostra incoerenza diventa la più pericolosa accusa contro la nostra cultura che è denunciata come falsa.

Art. 19 della Costituzione Italiana

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Chiedono di erigere luoghi di culto sulla base delle nostre leggi e costituzioni. Non è questo un segno straordinario di riconoscimento e di fiducia nella nostra cultura? Mettiamo a frutto questo risultato. Così quando parleranno di noi nei loro paesi di origine, parleranno di un Paese giusto che promuove l’uguaglianza sociale e la libertà di culto.

Tutela e limiti della libertà religiosa

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Le norme sugli edifici di culto

Corso di Diritto Ecclesiastico Prof. Giovanni Cimbalo su Art.19

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